Corriere dello sport. Adolescenti e sport: il 40% non lo pratica.

Quasi il 40% degli adolescenti italiani, nella fascia d’età 13-14 anni, non pratica alcuna attività sportiva (oltre alle 2 ore settimanali previste dal calendario scolastico), o la pratica per meno di due ore alla settimana. E la percentuale sale al 44% per quanto riguarda le ragazze. Il dato proviene dall’edizione 2012 dell’Indagine della Società Italiana di Pediatria su Abitudini e Stili di Vita degli Adolescenti, realizzata su un campione nazionale rappresentativo di 2000 studenti di terza media. Troppo poco, secondo Giovanni Corsello, Presidente della Società Italiana di Pediatria che precisa: «Un adolescente, in questa fascia d’età, dovrebbe praticare almeno un‘ora al giorno di attività fisico-sportiva, che non significa necessariamente attività agonistica, ma può essere anche solo correre in un parco. Un esigenza connaturata alla specifica fase di sviluppo, ma che oggi diventa ancora più necessaria considerando sia lo stile di vita troppo sedentario dei nostri ragazzi, sia le abitudini alimentari spesso non corrette e sbilanciate in eccesso». La scarsa affezione allo sport «praticato» da parte degli italiani (adolescenti e non) non è una novità di oggi, e l’attenzione molto residuale della scuola verso l’attività sportiva certo non incentiva, in questa direzione, una adolescenza che si “nutre” di facebook e Instagram e comincia a «mischiare» reale e virtuale. E’ un caso singolo, ma colpisce – sempre riferendosi ai risultati dell’indagine SIP – quell’adolescente che alla domanda «quale sport pratichi maggiormente» ha indicato «calcio», specificando tra parentesi (play station).

L'ABBANDONO PRECOCE - «Il problema maggiore – secondo Silvano Bertelloni, pediatra adolescentologo dell’Università di Pisa e membro del Direttivo dell’Associazione Laboratorio Adolescenza – non è l’accesso allo sport (circa l’80% dei bambini italiani tra 6 ed i 10 anni ha l’opportunità di seguire almeno una pratica sportiva – dati Censis 2006), ma l’abbandono precoce (parziale o totale) in età adolescenziale. Ed uno dei principali motivi – spiega Bertelloni - è la disillusione prodotta dai risultati. Chi si avvicina allo sport con l’ambizione di diventare un campione, difficilmente proseguirà l’attività quando si renderà conto (e saranno naturalmente la maggioranza) che questa possibilità gli è oggettivamente preclusa. Discorso analogo (ma con implicazioni psicologiche anche peggiori) quando l’ambizione è soprattutto dei genitori, per cui l’adolescente sente una pressione esterna che gli rende ancora più insopportabile proseguire in una attività sportiva nella quale non eccelle». Altra causa di abbandono precoce è il subentrare di nuovi e più forti interessi, quali l’attrazione da parte del gruppo dei pari e, soprattutto, le prime pulsioni sentimentali e sessuali. Non a caso sono proprio le femmine, che hanno una maturazione sessuale anticipata rispetto ai maschi, ad abbandonare per prime lo sport. Anche qui gioca, comunque, il basso «valore sociale» che ha in Italia lo sport, a meno che non sia praticato «da campioni» e sia ,quindi, fonte di fama e ricchezza.

LA VOGLIA DI DIVENTARE CAMPIONI - Tornando ai dati dell’indagine SIP, chi pratica sport extrascolastico lo pratica prevalentemente all’interno di una società sportiva (78,3%), mentre l’oratorio aggrega prevalentemente al nord (16,8%). La scelta dello sport da praticare – questo è un dato sicuramente positivo – nell’82% dei casi è stata fatta dal diretto interessato, mentre solo il 10% ha subito “pressioni” dai genitori. Il motivo prevalente per cui si fa sport è divertirsi (48%) ma per il 15% (21% dei maschi) la cosa più importante nello sport è vincere e il 14% (circa il 20% dei maschi) fa sport perché vuole diventare un campione. «La componente agonistica, e quindi la voglia di vincere – spiega Antonietta Marchi dell’Università di Pavia – è inalienabile da qualsiasi attività sportiva ed ha anche una sua valenza positiva per la crescita psichica ed emotiva di un adolescente e per la sua autoaffermazione. Naturalmente va rifiutata come “filosofia” e, soprattutto, il giovane sportivo non deve essere sottoposto a pressione esterna (da parte dell’allenatore, ma anche della famiglia), perché raggiunga necessariamente il successo. Il mito del “vincere ad ogni costo” – insiste la Marchi - può sfociare in comportamenti a rischio come l’uso di farmaci e di integratori per migliorare la performance». E proprio su questo punto l’indagine della SIP ci rivela un dato certamente non positivo: il 22,7% del campione intervistato (26,2% dei maschi) ha affermato che è accettabile prendere qualche integratore o qualche medicinale per migliorare le proprie prestazioni sportive.

SPORT DI SQUADRA E INDIVIDUALI - Tra sport di squadra e sport individuali la preferenza, specie tra i maschi, va a quelli di squadra (51,8% vs 18,6%), mentre lo sport più praticato dai maschi è – nessuna sorpresa – il calcio (46,8%) seguito, a grandissima distanza dal nuoto (8,3%) e dal basket (6,7%), mentre le femmine prediligono la pallavolo (23,4%) incalzata dalla danza (22,3%) e seguita a maggiore distanza dalla ginnastica (12,8%). Tra chi non pratica sport extrascolastico la motivazione principale è il «non ho tempo» (43%), seguita dal «non mi piace» (22%), ma c’è anche un 12,2% (che nelle grandi città arriva addirittura al 24%) che non pratica sport per ragioni economiche. Un dato,questo, che deve farci molto riflettere.

28 febbraio 2013

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